I maneggi per maritare una figlia, la commedia di Nicolò Bacigalupo, cavallo di battaglia di Gilberto Govi, in scena Teatro Carcano di Milano dal 2 al 5 maggio

 I maneggi per maritare una figlia al teatro Carcano Milano

Tullio Solenghi si trasforma in Gilberto Govi

I maneggi per maritare una figlia, lo spettacolo che da due anni spopola in Liguria, sbarca a Milano, dal 2 al 5 maggio, presso il Teatro Carcano. La commedia di Nicolò Bacigalupo, che fu il cavallo di battaglia di Gilberto Govi, nella versione di Tullio Solenghi, che dello spettacolo è sia regista che interprete principale. Due anni di sold out, che ne fanno, senza dubbio, la produzione teatrale di maggior successo degli ultimi decenni in Liguria, consacrata a livello nazionale da Rai 5, che l’ha già mandata in onda due volte con ottimi ascolti.
Ora lo spettacolo – coprodotto dal Teatro Sociale Camogli, dal Teatro Nazionale di Genova e dal Centro Teatrale Bresciano – affronta una sfida non da poco: una tournée fuori dalla Liguria, da marzo a maggio 2024, per andare alla conquista anche del pubblico non ligure, come già era successo a Govi stesso e, in seguito, alle registrazioni televisive delle sue commedie, trasmesse dalla Rai numerose volte e sempre con straordinario successo.

01_Tullio-Solenghi_Elisabetta-Pozzi_ilPigiamadelgatto I maneggi per maritare una figlia al teatro Carcano Milano

Solenghi realizza un sogno: trasformare il proprio volto nella maschera-Govi

Con questa messa in scena, Solenghi ha finalmente realizzato un suo vecchio sogno: trasformare il proprio volto nella maschera-Govi. «Mi è stato chiaro fin da subito – scrive Solenghi nelle note di regia – che mi trovavo di fronte ad una autentica “maschera” della commedia, e così come non proverei alcun imbarazzo nel riprodurre “lo stampo” scenico
di un Arlecchino, mi lascerò docilmente calare nei panni e nella mimica di Gilberto Govi assimilandone ogni frammento, ogni sillaba, ogni atomo. Non esiterei a definirla una sorta di stimolante “archeologia teatrale” che permetta al pubblico odierno, in una sorta di viaggio nel tempo, di rivivere coi Maneggi uno dei momenti più esaltanti della più grande personalità teatrale genovese del secolo scorso.»
Al fianco di Solenghi, nel ruolo di Giggia (che fu di Rina, la moglie di Govi), Elisabetta Pozzi, grande attrice drammatica qui al debutto in un ruolo comico; un esordio che ha entusiasmato tutti, pubblico e critica. Comprimario di classe, nel ruolo del Signor Venanzio, Roberto Alinghieri (anche aiutoregista). Ad impreziosire l’allestimento, le scene e i costumi di Davide Livermore, che ha voluto rendere omaggio al bianco e nero delle commedie goviane riprese dalla RAI. 

Completa il cast una compagnia di giovani e bravissimi attori, selezionati dallo stesso Solenghi: Stefania Pepe (Cumba), Laura Repetto (Matilde), Isabella Loi (Carlotta), Federico Pasquali, Matteo Traverso (Cesare), Pier Luigi Pasino (Pippo), Riccardo Livermore, Aleph Viola (Riccardo).

Trama, atto 1

Sefano, detto Steva, un piccolo imprenditore di Genova, rientra a casa per pranzare, ma viene informato dalla domestica Colomba che le signore non ci sono e che da mangiare non c’è nulla perché era lui che avrebbe dovuto acquistare un pesce per pranzo. Infastidito dalla domestica, Steva si rintana nella sua stanza. In quel momento arrivano le donne di casa, la moglie Giggia e la figlia Matilde, piene di pacchi, e si accomodano stanche. Steva le ammonisce, ma le donne non lo ascoltano; inoltre rimprovera la moglie di non avere riguardi per il suo guardaroba, mandandolo in giro come un poveraccio. Incalzato dalla moglie, Steva capisce che gli tocca andare a pranzare in trattoria. 

Giggia e Matilde si preparano per andare nella villa di campagna. Arriva la cugina Carlotta, che viene invitata da Matilde ad andare con loro in villa. In quel frangente giungono il signor Pippo e il signor Riccardo, due bravi ragazzi che vengono ritenuti dalla signora Giggia (specialmente il secondo, nobile e figlio di un senatore) come possibili pretendenti per la figlia. Per questo, anche loro vengono invitati in villa.

I maneggi per maritare una figlia, atto II

Arrivati in villa, Giggia, parlando con Matilde, capisce che alla figlia piace il signor Riccardo e che anche lui sembra nutrire un certo interesse per la ragazza. Stefano, intanto, tenta di riferire a Cesare quello che suo fratello Michele (il padre di Cesare e Carlotta) gli avrebbe detto. Ma Giggia, dopo aver allontanato Cesare e Matilde con una scusa, obbliga Stefano a dirlo prima a lei: Steva risponde di aver saputo dal fratello che a Cesare piace Matilde e che il nipote vorrebbe chiedere la loro benedizione. Ma Giggia è contraria: Matilde non è interessata a Cesare, bensì a Riccardo, unendosi al quale, inoltre, la loro famiglia ne trarrebbe un notevole vantaggio economico. Stefano è allettato dall’idea, ma è anche troppo affezionato a Cesare per dirgli di no. Cesare, intanto, origliando una conversazione tra Matilde e Riccardo, scopre la verità. 

Alla villa giunge il signor Venanzio, un uomo colto che, parlando con Steva e Giggia, accenna a un eventuale matrimonio che potrebbe riguardare la loro famiglia. Giggia, sempre più convinta dell’imminente unione tra Matilde e Riccardo, sparge diverse voci sulla dote (inesistente) di sua figlia.

01_Tullio-Solenghi_Elisabetta-Pozzi_ilPigiamadelgatto I maneggi per maritare una figlia al teatro Carcano Milano

I fatti non sono come sembrano

Ma Stefano scopre, da Pippo, che Riccardo non sarebbe interessato a Matilde e che forse, dunque, le cose non stanno come credono.

Giggia, però, non lo ascolta e convince Cesare che non gli daranno mai la mano della figlia. Cesare è offeso e se ne va. Poco dopo, però, arriva Matilde che, in lacrime, conferma che Riccardo non è interessato a lei: Giggia va in confusione, mentre Steva si rallegra (per una volta, ha ragione lui e non la moglie).

La donna chiede chiarimenti al signor Venanzio, che rivela la verità: Riccardo vuole sposare Carlotta. Giggia lo caccia via, accusandolo di averli illusi. Giggia e Matilde si scagliano contro Riccardo e Carlotta, mentre Cesare e Riccardo, cercando spiegazioni, scoprono anche loro la verità. Non volendo fare una brutta figura, Giggia dà la colpa al marito di tutto e, alla fine, ammette che Cesare sarebbe un buon partito per la figlia.

Steva si prende la rivincita recitando la morale della vicenda: quando arriva il momento di pensare al matrimonio dei propri figli, bisogna farsi guidare dal cuore e dal cervello, non dall’avidità e dalla cupidigia.

TEATRO CARCANO
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