Inshallah a Boy, opera prima di Amjad Al Rasheed, è stato presentato l’8 marzo al Cinema Godard di Fondazione Prada. Il 10 marzo sarà visibile anche all’Anteo Palazzo del Cinema.

INSHALLAH-DUE-1024x576 Inshallah a Boy,Amjad Al Rasheed e la forza delle donne

Inshallah a Boy, da dramma familiare a thriller

Con Inshallah a Boy di Amjad Al Rasheed, inizia il viaggio di avvicinamento al 33 Festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina. Una storia di ribellione al femminile che ha rappresentato la Giordania alle candidature per gli Oscar. Il tour italiano parte proprio da Milano.

Opera prima di Amjad Al Rasheed, primo film giordano presentato alla Semaine de Critique del Festival di Cannes (Premio Gan per la distribuzione e Premio Rail d’Or), già vincitore del premio La Biennale di Venezia Final Cut in Venice come Migliore work in progress. è anche candidato all’Oscar per la Giordania.

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Il dramma della società patriarcale

Un film-debutto coraggioso e affascinante che racconta con forza il dramma della società patriarcale, violenta e repressiva, dell’Amman di oggi.

Il film è distribuito da Satine film, presentato in anteprima nazionale venerdì 8 marzo, al Cinema Godard di Fondazione Prada, Milano.

In sala, il regista Amjad Al Rasheed e l’attrice Mouna Hawa, in un dialogo con Paolo Moretti, curatore del programma cinema di Fondazione Prada e Alessandra Speciale, direttrice artistica del FESCAAAL.

Questa proiezione dà ufficialmente il via al programma di appuntamenti di anticipazione del 33°Festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina che tornerà a Milano e online dal 3 al 12 maggio 2024. Domenica 10 marzo 2024, ore 10, sarà nuovamente presentato all’Anteo Palazzo del Cinema di Milano.

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Giordania, oggi. Nawal, è una giovane sposa e madre che, rimasta improvvisamente vedova, si ritrova in uno sconvolgimento della sua vita. Oltre al dolore della perdita e al ritrovarsi sola con una bambina ancora piccola, deve conciliare i rigidi orari imposti dal suo lavoro come badante di un’anziana signora con le esigenze di accudimento ed educative della figlia Nora.

Questa nuova, inaspettata situazione che le si prospetta di fronte viene ulteriormente aggravata dalle richieste del cognato Rifqi il quale, approfittando delle disposizioni della legge lì applicata della Sharia, avanza pretese di eredità per sé e per la famiglia del defunto. Pretese che arrivano al punto di prevedere anche l’abitazione dove Nawal e Nora vivono e la stessa custodia della piccola.

Nel tentativo disperato di proteggere la sua casa e sua figlia, Nawal ricorre alla menzogna, fingendo una gravidanza per prendere tempo e innescare così la presunzione che possa nascerle un figlio maschio, cosa che la tutelerebbe da qualsiasi pretesa legale di eredità.

Con solo tre settimane per trovare una soluzione, la giovane donna intraprende un viaggio che mette a dura prova le sue paure, convinzioni e moralità, essendo disposta a tutto pur di proteggere quanto legittimamente le spetta e il futuro di sua figlia.

Un viaggio non solo personale ma anche culturale, arrivando a sfidare una società dove avere un figlio maschio cambia le regole del gioco e sembra essere, per una donna, l’unica tutela.

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Primo film giordano presentato al Festival di Cannes

Primo film giordano presentato al Festival di Cannes , nella sezione Semaine de la Critique dove ha vinto il prestigioso Premio Gan per la distribuzione e il Premio Rail d’ Or, Inshallah a boy ha colpito la critica e il pubblico di tutto il mondo durante le numerose presentazioni nei festival internazionali collezionando numerosi premi per l’opera e per la splendida interpretazione di Mouna Hawa nel ruolo della giovane mamma Nawal.

Dopo le rivolte guidate dalle donne in Iran contro la polizia morale e la lenta liberalizzazione che si sta avviando in Arabia Saudita, con Inshallah a boy, il regista Amjad Al Rasheed contribuisce, in una confezione cinematografica di finzione verosimile e avvincente, a consolidare la nuova attenzione e solidarietà globale che sta emergendo verso i diritti delle donne nei regimi patriarcali, focalizzandosi sul tema poco conosciuto della “proprietà” che, secondo la realtà giuridica che segue la Sharia, viene considrata di dominio esclusivamente maschile, impedendo così alle donne di avere diritti ereditari.

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Sharia e legge islamica

Sharia è forse uno dei concetti più fraintesi poichè viene spesso tradotta e concepita automaticamente quale legge (islamica). In realtà, tra la Sharia e la legge islamica sussiste una profonda distanza epistemologica: linguisticamente “sharia” significa “via, percorso” (verso la fonte) segnato attraverso una
serie di precetti nel nome di Dio.

Nasce quindi con la rivelazione fatta da Allah al profeta prescelto Maometto, e gode di totale autonomia gestionale per via dello stesso Corano.
La Sharia, pertanto, ha caratteri originariamente divini, per quanto poi, posti in essere da un uomo in carne e ossa. Questo poichè, ai tempi del primo Islam, quando Maometto era ancora in vita, i fedeli solevano ricorrere al suo parere per ogni tipo di questione, ritenendolo l’intermediario più prossimo ad Allah e la neonata Umma (la società islamica nel suo complesso).

Il percorso da seguire

Maometto per primo indicò il percorso da seguire attraverso la messa in pratica del precetti divini, effettuando quello “sforzo interpretativo” che a seguire avrebbe dato vita alla vera e propria legge islamica.

Alla morte del Profeta, al fine di guidare la Umma in espansione continua, si senti il bisogno di sistematizzare “il percorso” da seguire che venne integralmente normato dando così luce alla “legge islamica”.
Contrariamente alla Sharia, la cui prima fonte assoluta è il Corano (e quindi Allah) seguita dalla Sunna (La Tradizione e i Detti del Profeta), la legge islamica nasce dal profondo sforzo interpretativo umano su quelle che sono le fonti primarie (Corano e Summa).

La Sharia abbraccia ogni aspetto della vita di un individuo, da quello spirituale a quello sociale e politico. Ogni azione deve essere in linea con i dettami religiosi, includendo il diritto penale. La Sharia guida la comprensione di ciò che è moralmente accettabile, influenzando norme legali e comportamenti individuali in ogni aspetto della vita quotidiana.

Per questo la Sharia e il suo diritto hanno costituito la legge degli stati islamici sin dai primi califfati arabi. Nel corso della modernizzazione e del nazionalismo laico, tuttavia, molti stati l’ hanno abolita, sostituendola con sistemi giuridici ispirati a quelli europei con l’eccezione significativa del mondo sunnita e dello stato saudita, dove la Sharia è da sempre una fonte centrale di legge.

La Sharia assume ruoli diversi

In diversi paesi a maggioranza musulmana, la Sharia assume ruoli diversi nei sistemi legali. Ad esempio, in Arabia Saudita e in Iran, essa permea tutti gli aspetti del diritto, influenzando questioni familiari, penali e civili. In altre nazioni, come Marocco, Tunisia, Etiopia e Somalia, la Sharia si applica soprattutto a questioni private come il matrimonio, il divorzio, l’eredità e la custodia dei figli.

Questo è il caso anche della Giordania, dove la Sharia è adottata per la risoluzione di dispute familiari ed eredità, come vediamo riportato nel film. Essendo la Sharia estranea al principio di laicità dello stato non riconosce le donne come aventi pari diritti all’uomo, relegandole a una condizione di inferiorità. Le donne, infatti, non possono viaggiare con i loro figli all’estero e non possono trasmettere loro la cittadinanza giordana. E in particolare, sempre in materia di diritto di famiglia nel caso di morte del marito, la moglie non è tenuta a ereditare beni e immobili, a meno che non abbia figli maschi.

Fonti: Fondamenti di Sharia Islamica- Igiea Lanza di Scalea – libreria universitariaedizioni
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