MTM Teatro Leonardo, dal 4 al 14 aprile, va in scena la Cavallerizza, le notti bianche da Fëdor Dostoevsky. Uno spettacolo fedele a Dostoevsky, ma dal respiro più contemporaneo nel linguaggio.

La-Cavallerizza-Fedor-Dostoevsky-1024x576 La Cavallerizza, le notti bianche da Fëdor Dostoevsky

Le notto bianche di un sognatore

La Cavallerizza le notti bianche narra di un sognatore che è la sorta di un fantasma che si aggira nelle vite degli altri. Così, prende dalla realtà e la trasforma, crea e disfa storie nella sua testa. Perso nei suoi viaggi mentali, spesso si dimentica del mondo reale.

La solitudine è il motore della sua immaginazione che lo porta a vagare di notte, cercando incontri che possano nutrire la sua fantasia. Lui conosce tutti ma nessuno conosce lui, bloccato tra l’attesa della vita e la paura stessa di vivere. Vive così intensamente le sue allucinazioni da non riuscire ad aprirsi agli altri, terrorizzato dallo scontro con la realtà. Gli unici dialoghi sono con le case e gli edifici che lo circondano.
Dà vita agli oggetti inanimati pur di non confrontarsi con la vita vera delle persone. Si sente inadeguato, inadatto alla quotidianità e alle dinamiche relazionali che lo obbligherebbero a mettere in discussione il suo mondo immaginario.
Perché già in quei momenti comincio a pensare che non sarò mai più capace di vivere una vita reale, perchè mi è già sembrato di aver perduto ogni sensibilità, ogni fiuto per ciò che è vero e reale; perchè, infine, ho maledetto me stesso; perché, dopo le mie fantastiche notti, mi colgono dei momenti di ritorno alla realtà che sono terribili!”.

MTM-teatro La Cavallerizza, le notti bianche da Fëdor Dostoevsky

La Cavallerizza le notti bianche: l’incontro con Nasten’ka

L’incontro con Nasten’ka arriva per caso, in una notte bianca in cui il giorno si confonde con la notte. Riesce ad avvicinarla solo perché scorge in lei un momento di fragilità.

Nonostante le raccomandazioni della ragazza, il sognatore s’innamora e di fronte a questo sentimento autentico anche il più vivido dei sogni si offusca, la timida fantasia si mostra per quello che è: “schiava di un’ombra, di un’idea”. E invano il sognatore fruga nei suoi vecchi sogni, cercandone uno che possa scaldarlo come l’emozione che sta provando nell’incontro con Nasten’ka.

Perché anche la più elaborata delle allucinazioni non può competere con la vita che esplode.

In questo modo, il posto dei sogni verrà rapidamente sostituito dai rimpianti: “Come veloci volano gli anni! E ancora ti chiedi: che ne hai fatto di quei tuoi anni? Dove hai seppellito il tuo tempo migliore? Sei vissuto oppure no? Guarda, dici a te stesso, guarda come il mondo diventa freddo! Passeranno ancora degli anni e dopo di essi verrà la cupa solitudine, verrà, appoggiata alle stampelle, la tremante vecchiaia, e poi angoscia e desolazione… Impallidirà il tuo fantastico mondo, appassiranno e moriranno i sogni tuoi e cadranno come le foglie gialle dagli alberi… Oh, Nasten’ka! Sarà triste restar solo, completamente solo, e non avere neppur nulla da rimpiangere, nulla, proprio nulla… perché tutto quanto perderò, non è stato che nulla, uno stupido, tondo zero, nient’altro che sogno!“

Tra la nostalgia per quello che non ha mai vissuto e, la malinconia per le occasioni sprecate, il sognatore trascorre quattro notti con Nasten’ka assaporando per la prima volta nella sua vita la consistenza della realtà, l’adrenalina del presente e la possibile costruzione di un futuro.  

Il sognatore non riesce ad accettare la limitatezza della quotidianità. A suo modo si ribella all’apatia dilagante e non trovando soddisfazione e spazio nella realtà, sogna. Da qualche parte dentro di sè desidera una vita normale, ma non gli appartiene. Tanto che quando gli si presenta la possibilità di vivere una relazione con un’altra persona non riesce ad accontentarsi dell’incontro e si innamora. Ha bisogno di vivere all’estremo e non è in grado di misurare le sue emozioni. Nei sogni può ottenere quello che vuole (pagandone poi il prezzo nel momento del risveglio e del disincanto) ma l’impatto che l’incontro con Nastenka ha in lui è devastante perché intravede la possibilità di vivere un sogno reale, ad occhi aperti, attraverso un incontro tra corpi che non è mai riuscito a concedersi. 

la-cavallerizza La Cavallerizza, le notti bianche da Fëdor Dostoevsky

Uno spettacolo fedele al racconto ma dal respiro più contemporaneo del linguaggio

Lo spettacolo è costruito sullo scheletro drammaturgico e tematico del racconto di Dostoevsky per poi prendere un respiro più contemporaneo nel linguaggio e in alcuni riferimenti. 

Lo spazio scenico ha pochi elementi essenziali che mettono gli attori nella condizione di lavorare principalmente sulla relazione, sul bisogno estremo che hanno i personaggi di essere visti e riconosciuti. E’ l’incontro imprevisto tra due esseri umani che hanno sperimentato sulla propria pelle la vera solitudine e ora hanno forse una possibilità di rinascita, aiutandosi reciprocamente. 

Notti Bianche è uno spettacolo che vuole esplorare i delicati disequilibri dell’intimità con disperata e violenta tenerezza. 

Le luci e la musica, suonata live dagli attori con una tastiera elettronica, avranno un ruolo molto importante nel raccontare il rapporto tra sogno e realtà, che in questo testo vede un ribaltamento di segno: la difficoltà di stare nel presente è il grande tema dei protagonisti, i quali, per sopravvivere, si rifugiano nei sogni e nell’ immaginazione fino alle estreme conseguenze. 

Il Sognatore e Nasten’ka vivranno insieme quattro notti che cambieranno per sempre le loro vite, in un viaggio intimo e poetico alla disperata ricerca di almeno un’istante di autentica felicità. 

“Un intero attimo di beatitudine… E’ forse poco nella vita di un uomo?

Ci coglie sempre impreparati la domanda: quanto è reale quello che viviamo? Le situazioni che abitiamo, tutte le cose che ci circondano, esistono davvero?

La-Cavallerizza-Fedor-Dostoevsky-1024x576 La Cavallerizza, le notti bianche da Fëdor Dostoevsky

L’autodenuncia come sognatore

Il protagonista del racconto Le notti bianche di Fëdor Dostoevskij si autodenuncia sognatore e attraversa e narra la sua non-storia con una parabola feroce che lo conduce dall’incanto all’inferno.

Dal vagheggiamento al risveglio. Una creatura sola, fantasma tra i fantasmi, che soffre e al tempo stesso difende la sua condizione di estrema solitudine.

Un luogo mentale, quello raccontato – quello scoperto – dove tutto accade mentre non accade niente. Dove ogni incontro e ogni parola, dove ogni emozione (anch’essa immaginaria?), dove tutto viene vissuto fino all’eccesso senza obiettivi e durata.

Ma solo per assecondare il proprio inestinguibile destino di apparizione e poi – silenziosa, misera, umana – scomparsa. Il lavoro di riscrittura si è sviluppato a partire da una volontà di conservare l’essenza dell’opera. Due protagonisti fragili, improbabili, un incontro inatteso, un susseguirsi di notti, una fine.

Ed è stato nel tentativo di restare fedeli che il tradimento si è fatto urgente, quasi necessario. I personaggi si sono reinventati e calati in un incerto e desolante contemporaneo. La struttura ha ceduto dove incapace di sopportare il peso dell’oggi. Perché a distanza di quasi 200 anni, gli interrogativi esistenziali proposti da Dostoevskij sembrano intatti. Stiamo davvero vivendo? Che fine fanno i nostri sogni? È sbagliato, o pericoloso, affidarsi alla nostra fantasia, dimenticando di abitare il quotidiano con le sue piccole concrete presenze?

MTM Teatro Litta, Leonardo, La Cavallerizza. Info e prenotazioni biglietteria@mtmteatro.it –02.86.45.45.45 Biglietti e abbonamenti sono acquistabili sul sito www.mtmteatro.it e sul sito e punti vendita vivaticket.it.

Progetto e regia Stefano Cordella , con Alma Poli e Diego Finazzi drammaturgia Elena C. Patacchini