Il Maltempo a Milano diventa un nuovo simbolo della città. Esondazioni, allagamenti, segno che le amministrazioni su questo fronte hanno condotto il passo del gambero
Pioggia,allagamnti ed esondazioni: la situazione a Milano e provincia
Maltempo: Dopo la Madonnina, il Duomo e il Panettone, un altro simbolo di Milano è il Maltempo. Il Seveso è esondato 118 volte dal 1975, ma le cronache ne parlano già dal 1961. Quello di qualche giorno fa è stato l’allagamento peggiore dal 2002 (200 interventi necessari in poche ore), segno che le amministrazioni su questo fronte hanno condotto il passo del gambero.
Sembrava che la vasca di laminazione di Bresso (realizzata dal Comune di Milano), attivata lo scorso dicembre, potesse mettere al riparo i quartieri nordorientali della città: si tratta sostanzialmente di una sorta di gigantesco serbatoio (250 mila metri cubi di acqua), costato 30 milioni di euro, con la funzione di regolare la portata della pioggia su fognature, altri corsi idrici, scarichi. Ma quando piovono 40 metri cubi di acqua al secondo, facile capire che si tratta di un investimento ancora insufficiente.
Come mai una città come Milano il maltempo lo subisce e non lo governa?
Viene spontaneo farsi una domanda simile, in fin dei conti perfino Venezia, tra ritardi e mazzette, è riuscita a portare a casa il Mose (soprattutto a farlo funzionare). Milano esempio di efficienza e programmazione, quando piove ha i problemi di una qualunque città della pianura padana. Forse anche peggio.
La politica ama cercare i colpevoli, ai cittadini invece interessano di più le cause e, soprattutto, le soluzioni. Certo, pensando ai mutamenti climatici (in questi anni i milanesi hanno fatto conoscenza anche con il “downburst”, le raffiche di vento di oltre 100 km orari, praticamente una bora in gita, ma peggiore, perché queste portano pioggia e grandine) qualcuno induce al fatalismo, oppure all’ambientalismo più radicale (come se con le auto elettriche il Seveso si ritenesse placato e restasse tranquillo nei suoi argini), ma resta il senso di una mancata programmazione gestionale del fenomeno.
Che dirlo a Milano è come dire che a Monaco non sanno fare la birra. Come mai allora questa lacuna? Un tempo si diceva che tenere puliti i tombini non porta voti, ma se prevalesse quest’atteggiamento Milano avrebbe un altro volto. Qualcuno suggerisce l’idea che sia proprio Milano la causa di questi fenomeni, la sua cementificazione ipertrofica, certi piani regolatori (pure recenti) che dire discutibili è poco, una crescita urbana che in periferia si fa caotica. Però se anche così fosse non è un buon motivo per smettere di cercare le soluzioni. O rassegnarsi. Il direttore Pier Luigi Pellegrin